Il corno pastorale

 

Il corno, fatto in conchiglia, corno animale, corteccia, legno e metallo, è sempre stato un essenziale strumento di comunicazione. La sua funzione fu soprattutto per la guerra e la caccia, ma fu strumento molto diffuso anche tra i pastori.

buccine romane

Fig. 1 – Mosaico 200 d.C. Una tromba diritta e due buccine a forma di G.

buccinaFig. 2 – Buccina in latino indica la conchiglia. Detta tromba marina fu importata da emigranti in America e usata come strumento pastorale.

varzi corno5_1_1Fig. 3 –  Nei frontali di diverse chiese medioevali viene riportato un suonatore di corno. Chiesa dei Cappuccini, Varzi (Pv)

corno corteccia CH

Fig. 4 – Molti dei corni pastorali sono in corteccia. Sono diffusi in Lituania e restano ancora nella memoria di alcuni anziani nella Bergamasca.

cornocortecciaCH bocchinoFig. 5 – Particolare del corno di corteccia: il bocchino

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Fig. 6 – Corno realizzato con un tronco di conifera raffigurato nell’affresco del ciclo di San Glisente nella chiesa di San Lorenzo a Berzo inferiore in Valcamonica (sec. XIV).

A BERZO INFERIORE IN VALCAMONICA LA PIÙ ANTICA IMMAGINE DELL’ALPHORN SVIZZERO

In un grande affresco nella chiesa di San Lorenzo a Berzo Inferiore, in Valcamonica, è stata individuata la più antica testimonianza iconografica di corno pastorale, il progenitore dell’Alphorn svizzero. Il primato spettava fino ad ora a un dipinto del 1568, a Tiefenbach in Germania, ma da recenti ricerche di Giovanni Mocchi emerge  che il lungo strumento sulla spalla di un pastore, all’interno della scena che rappresenta la vita di San Glisente in San Lorenzo, è un corno ligneo con fattura simile a quella dei corni pastorali del nord Europa. La datazione del dipinto viene collocata tra la fine del XIV secolo e l’inizio del XV secolo. Ci troviamo quindi di fronte a un balzo all’indietro di un paio di secoli.

È interessante notare che l’uso dei corni non si è interrotto per più di due millenni. Già nel 37 a.C Marco Terenzio Varrone descrive l’usanza di guidare gli animali con il suono dei corni. Ma in Bergamasca e in Valcamonica la tradizione è tutt’ora viva. Il lugubre urlo dei corni risuona nei riti rurali di fine inverno: a Dossena (BG) nel Ciamà Mars e Scasà Mars a inizio e fine marzo, all’Aprica nel Sunà da Mars, l’ultima notte di febbraio, a Saviore dell’Adamello, la sera del venerdì santo nel Ciamà le püte. Si può concludere che quella del corno alpino è una tradizione che prosegue ininterrotta per due millenni. La suggestione di queste sonorità non potevano mancare agli appuntamenti del Festival del pastoralismo in Città Alta.

L’intonazione dello strumento

Il corno è stato ricostruito dalla ditta Ferranti Daniele di Ghisalba (BG) secondo le indicazioni derivanti dall’immagine. Si è usato un abete rosso incurvato dalle valanghe d’alta quota.

Tagliato in due parti, scavato e poi riassemblato produce sei note, che consentono un utilizzo di segnalazione, ma anche musicale.

Note_corno

 

Fig. 6 Corno alpino 1765

Fig. 7 – Un corno pastorale svizzero del XVIII secolo.

corno piero

Fig. 8 – Un corno realizzato con corno di capra Orobica, presumibilmente XVIII secolo (Pietro Zani, Dossena, Bg).

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Fig. 9 – Un alpeggiatore (Toni Lavarini) sugli alpeggi della Val Strona (Vb), anni ’80 del secolo scorso.

Sotto: saggio di suono del corno pastorale (Renzo Minoletti, Canobbio, Vb, 2013)

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