L’alpeggio tra passato e presente

L’allevamento nelle vallate alpine e prealpine era tradizionalmente basato sullo spostamento stagionale del bestiame tra quote differenti, con lo scopo di sfruttare nel miglior modo possibile le risorse foraggere della montagna. L’alpeggio era al centro di un sistema basato su una continua mobilità: era l’animale ad essere portato al foraggio e non viceversa come avviene oggi.

Nel periodo invernale il bestiame era mantenuto nel villaggio, ma per solo per pochi mesi, perché le scorte di foraggio erano limitate. Chi aveva mandrie “numerose” (si parla di 15-20 mucche!) scendeva verso la pianura (in Piemonte i margari lo fanno tuttora, mentre in Lombardia i i malghesi transumanti detti anche bergamini (bergamì), un tempo numerosi, oggi sono rimasti pochissimi). Dalle vallate più interne all’Arco Alpino si scendeva sui fondovalle (in Lombardia tipicamente quelli dell’Adda o dell’Oglio, un tempo incolti a causa delle esondazioni dei fiumi non arginati).  La stanzialità era l’eccezione.

Il periodo primaverile-autunnale veniva trascorso sui maggenghi, prati-pascoli di proprietà privata con piccole stalle-fienile. Qui il bestiame consumava il fieno e, in autunno pascolava i ricacci autunnali. Molto spesso vi era anche una suddivisione in maggenghi bassi e maggenghi alti. Solo se i villaggi erano siti a quote molto alte, alle testate delle alte vallate, avveniva il trasferimento diretto all’alpeggio e non esistevano maggenghi.

Schema alpeggio2

In estate il bestiame dei tanti piccoli proprietari si radunava sui pascoli in quota degli alpeggi e formava una mandria unica sotto la guida dei pastori per un periodo di circa 3 mesi. In questop modo la maggior parte dei contadini-allevatori, affidato il proprio bestiame in mani sicure, poteva restare sui maggenghi e al villaggio a fare fieno e a svolgere altri lavori agricoli.

Schema alpeggio 1

L’alpeggio era il fulcro del sistema d’allevamento alpino. Solo in alpe , durante l’estate, si producevano formaggi di qualità, adatti alla vendita o alla conservazione, poiché si disponeva di grandi quantità di latte e le si affidava a casari esperti. Nel resto dell’anno il latte veniva utilizzato per consumo diretto, per i vitelli, per produrre formaggini e formaggette di pronto consumo (nelle stagioni precedenti e seguenti l’alpeggio). In alpe si portavano i tori per fecondare le bestie dei tanti piccoli allevatori che non potevano disporre di un toro fornendo loro un servizio sociale. Spesso, però, ogni famiglia saliva all’alpe singolarmente e gestiva il pascolo e la caseificazione in proprio. Il modelli di alpeggio non era quindi unico.

Schela alpeggio 7

Oggi molto cose sono cambiate; spesso la mandria di un singolo allevatore è sufficiente a completare il “carico” dell’alpeggio; inoltre è raro che si utilizzino i maggenghi perché sono spesso privi di strade e di stalle adeguate e si sale in alpe direttamente dalle stalle del fondovalle (spesso utilizzando l’autotrasporto). Molto spesso le mucche restano a casa e si mandano in alpeggio solo le manze e le asciutte. In alcune regioni il latte prodotto in alpeggio viene trasportato a valle con autocisterne per essere lavorato in grandi caseifici.

La riduzione dell’importanza dell’alpeggio comporta un maggior uso di mangimi e foraggi importati. Questi sistemi,  comportano largo uso di energia fossile e rischi di inquinamento in connessione con lo spargimento di quantità elevate di liquami su superfici di prati ed erbai molto ridotte rispetto al passato.

Sulla base di queste considerazioni si è cercato negli ultimi anni di rilanciare l’alpeggio. Lo si sta facendo perché ci si rende conto di quale perdita significhi il suo abbandono (perdita di paesaggi e di biodiversità, perdita di produzioni casearie tra le migliori in assoluto, perdita di un patrimonio di saperi, fabbricati rurali, pratiche). Mantenere l’alpeggio vitale significa offrire al turismo di montagna opportunità di praticare un turismo ricco di stimoli culturali, gastronomici, escursionistici, un turismo ecologico.

Rilanciare l’alpeggio significa far coincidere i tempi di sviluppo e gli obiettivi dell’allevamento di montagna e del turismo. Non è cosa facilissima, ma richiede impegno. Sul fronte “interno” la componente allevatoriale deve rinunciare alle super-produzioni, alle razze adatte alla pianura per tornare ad allevare bestiame adatto alla montagna e al pascolo. Sfide complesse che richiedono politiche coerenti, tanto impegno e tanta passione per la montagna e gli animali.

Per approfondire

L’antica origine degli alpeggi e le forme di proprietà (Primordi, Dall’età antica al medioevo, La feudalizzazione, La formazione della moderna proprietà comunale, Alpeggio nobiliare e alpeggio contadino, Forme intermedie)

La forme di conduzione degli alpeggi (Modelli di gestione dell’alpeggio tra passato e presente, Diritti e doveri, I sistemi di gestione imprenditoriale basati sull’affitto, L’alpeggio come “servizio di pubblico appalto”, I sistemi di gestione cooperativa degli alpeggi, Gli “alpeggi a villaggio”: una gestione famigliare e femminile dell’alpeggio)

Organizzazione degli uomini e dello spazio (La gerarchia dell’alpeggio, L’alpeggio: una realtà strutturata)

Uomini e bestie in movimento (La monticazione, La trasumanza bovina storica, Migrazioni intra-alpine)

La gestione dell’alpeggio oggi: verso una realtà famigliare aperta

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