Campanacci d’Italia (libro)

Domenica 31 ottobre 2021, h 10:00, Parco dei Colli di Bergamo, Via Valmarina 25, Sala Convegni (con la presenza dell’autore)(si accede da via Ramera di Ponteranica (SS 470 della Val Brembana)

Giovanni Mocchi, Campanacci d’Italia. Vol I, L’Arco alpino e le origini, Corna Imagna (BG), Edizioni festivalpastoralismo, 2021 248 pp., illustrato con centinaia di foto, per lo più originali, a colori, carta lucida, brossura. Formato 27 x 22,5 ISBN 978-88-943252-9-4.

Frutto del paziente lavoro di catalogazione e ricerca dell’etnomusicologo Giovanni Mocchi, il volume presenta un panorama esaustivo di tecniche, tipologie, centri di produzione, artigiani. Sussidio indispensabile per collezionisti e appassionati, opera importante per coloro che studiano e apprezzano la cultura alpina.

alla presentazione sarà presente l’autore che accompagnerà anche i presenti a una visita guidata della Mostra sullo stesso tema esposta nell’ex chiesa conventuale

Prezzo di copertina: 24€

La carovana errante che per l’orecchio comune appare come una rustica e arcaica onda sonora, per il pastore è il canto inconfondibile della propria terra, quello che ogni primavera riaccende memorie, emozioni, nostalgie, compagno nella solitudine delle notti estive e promessa, d’inverno, di una nuova partenza, motivo di orgoglio nelle transumanze e voce solenne degli antenati. Attraverso i campanacci, oggetti simbolo del mondo agro-pastorale, il libro narra le storie e le tradizioni di un mondo atavico, spesso nascosto, ma tuttora fiero e vitale.
È la prima catalogazione italiana dei multiformi modelli che mutano da regione a regione e spesso di valle in valle e vuol essere memoria e tributo alle generazioni di fabbri che, con pazienza e passione, Hanno scelto di ‘sporcarsi le mani’ per vincere la resistenza del ferro e piegarlo alle variegate armonie che da millenni punteggiano i silenzi dei nostri pascoli alpini.

per acquistare il libro online direttamente dall’editore

Presentazione del libro

Il libro realizza la prima catalogazione sistematica dei campanacci e delle campane in bronzo per animali dell’arco alpino, volgendo lo sguardo ai modelli di provenienza archeologica, fino a quelli di produzione odierna. Ma è anche una ricca raccolta di testimonianze di vita e di artigianato dei secoli scorsi, dove protagonisti sono forgiatori e allevatori, con le loro tecniche e tradizioni, spesso invariate da millenni. C’è una incredibile varietà di sonorità, che cambiano di valle in valle, in base al tipo di animale e alla gerarchia che la bestia si sa conquistare nel branco. Non è una questione solamente estetica. Il tintinnio funziona come un radar sonoro che a distanza avverte l’uomo e le stesse bestie sulla dislocazione e sull’umore della grande famiglia al pascolo. Sembrerebbe un mondo atavico e in estinzione, se non fosse per la grande passione che sostiene il lavoro 24 ore su 24 degli allevatori che portano greggi e mandrie sugli alpeggi e che così mantengono viva la montagna. Inevitabilmente nelle pagine traspare la crisi italiana dell’artigianato, dell’apprendistato e di quella continuità generazionale che hanno garantito per secoli la trasmissione dei saperi e dei segreti del mestiere, un mestiere in cui è essenziale non la forma data alla materia, ma la lunga esperienza nel saper ‘dare il suono’ al metallo.

È tutt’altro che facile accontentare l’orecchio esperto di pastori e mandriani. A inizio del nuovo millennio diversi di quei protagonisti sono scomparsi e le officine non hanno trovato discendenza. Le loro creazioni restano vanto e orgoglio di chi le ha ricevute dagli antenati. I piccoli artigiani si sono ridotti a poche decine, mentre domina il mercato chi è riuscito a trasformarsi in azienda all’avanguardia tecnologica. Eppure la forgiatura dei campanacci, lavoro di nicchia che oggi è da reinventare con altre tecniche e strumentazioni, sta rinascendo nelle nuove generazioni che vi si dedicano con vera passione. Nelle numerose testimonianze dei predecessori, autentici liutai del metallo, proprio passione e costanza sono le doti primarie per chi vuole cimentarsi in questa attività. Sull’altro versante il libro racconta la passione di allevatori e collezionisti ‘stregati’ dal suono misterioso di campanacci e bronze che, come autentici gioielli sonori, raggiungono a volte cifre da capogiro.

Dalla scelta del singolo pezzo da aggiungere al concerto dei propri campanacci, fino alla grande orchestrazione dell’ensemble di campani selezionati per le transumanze, gli allevatori mettono in mostra la propria competenza e si giocano la credibilità di fronte all’intera comunità. D’altronde si tratta di dar vita alla sinfonia che li accompagnerà nei giorni e nelle notte tra i silenzi dei monti. Per i valligiani le creste dei monti non sono mai state spartiacque a confine tra popoli diversi, ma valichi da superare e luoghi di aggregazione tra diverse comunità con cui si condividono lingue, costumi e tradizioni. Per questo motivo il libro prende in considerazione le aree limitrofe ai confini italiani che mostrano reciproche influenze nelle sonorità e nei modelli utilizzati. Infine, come era fin dalla preistoria, nella civiltà agro-silvo-pastorale, per il rapporto sacro che nei millenni si è instaurato tra uomo e Natura, gli strumenti di lavoro sono stati sempre e anche strumenti di rito. Spesso, e ben prima del Cristianesimo, il suono dei campani fu considerato generatore di nuova vita e fonte di benedizione per uomini e animali. Il libro documenta diversi riti che, incredibilmente vitali, si distribuiscono in tutto l’arco alpino. A fine inverno di valle in valle, il rombo oscuro e inquietante dei campanacci e lo squillo argentino delle bronze da pascolo lasciano le stalle e si fanno propiziatori della rinascita della Natura dai geli dell’inverno.