Tavola rotonda
“La valorizzazione della carne di ovino gigante bergamasco”
organizzata in collaborazione con la Camera di Commercio di Bergamo
Sabato 30 ottobre 2021
h 17:00, Sala Convegni Parco dei Colli di Bergamo, Via Valmarina 25
(accesso da via Ramera di Ponteranica, SS 470 della val Brembana)
con:
Silvia Tropea – Presidente onoraria Associazione pastoralismo alpino
Silvestro Maroni – Pastore con attività di trasformazione e commercializzazione
Roberto Amaddeo – consigliere delegato Comune di Bergamo alla Food policy
Daniele Savoldelli – Pastore con attività di macellazione e vendita diretta
Raffaella Castagnini – responsabile promozione Camera di Commercio di Bergamo
coordina: Michele Corti, pres. ass. Pastoralismo alpino
Intorno al 2010/2011, l’Associazione pastori lombardi, intraprendeva – con la collaborazione di alcuni ristoratori tra i più consapevoli dell’importanza di valorizzare materie prime locali – delle azioni di promozione della carne ovina di razza gigante bergamasca, un’eccellenza che rischiava di essere dimenticata. Intanto Bergamo e la Bergamasca venivano proiettate ai massimi livelli della gastronomia italiana. Negli anni successivi vi sono state altre iniziative di Slow Food e, lentamente, si è creato un gruppo di ristoratori che, almeno in determinate stagioni, propone nel menù la carne di “gigante bergamasca”. Nel frattempo alla valorizzazione della carne fresca nella ristorazione si è affiancata un’altra prospettiva: quella della trasformazione delle carni. Le carni ovine, in particolare quella bergamasca che si distacca per le sue caratteristiche da quella di altre razze, si prestano a molte lavorazioni e alla predisposizione di molte preparazioni: insaccati, carni essiccate, sughi, ripieni.
La tradizione bergamasco-camuna prevede una preparazione tipica: la bergna, carne che può essere sottoposta a procedimenti più o meno intensi di essiccazione e affumicatura, ottenendo sia un prodotto molto conservabile, ma secco e duro o, al contrario, un prodotto da cucinare alla piastra che oggi viene conservato sotto vuoto. Per chi si accosta a questa preparazione (la bèrgna cucinata) si tratta di una vera (piacevole) scoperta. Le preparazioni tradizionali prevedevano anche la preparazione della salsiccia di castrato e di salami crudi. Oggi, oltre a questi prodotti della tradizione, si propongono anche arrosticini, hamburger di carne ovina, salcicce, cotechini, ragù.
Cotolette e cosciotti (di agnellone), cucinati al forno, rimangono pezzi forti (quelli di “mouton bergamasque” erano nel menù dei ristoranti di lusso svizzeri e parigini) ma piatti molto interessanti sono anche lo sguassèt (carne in umido, “spezzatino”) e la pecora bollita. Una curiosità: vi sono due comuni emiliano-romagnoli: Argenta in provincia di Ferrara e Lugo di Romagna, in provincia di Ravenna dove il castrato bergamasco è tutt’oggi il piatto emblema del territorio.
La carne ovina bergamasca non è mai carne di agnello (da latte o pesante) ma solo carne di maschi interi di oltre 5 mesi di età (agnelloni), carne dei castrati (oltre 13 mesi di età) – top di gamma – carne delle agnelle che non hanno partorito (scartate per vari motivi), carne delle pecore adulte. Sono carni con caratteristiche differenti che vanno cucinate in modo differente (come accennato).
Le caratteristiche della carne bergamasca, che ben si prestano alla produzione di insaccati stagionati ma anche alla cucina quando si tenga contro della texture, sono legate anche al sistema di allevamento al pascolo (365 giorni all’anno), alla vita open-air, dalla sommità degli alti pascoli alpini alle rive del Po. Una carne che, sotto il profilo del benessere animali, oltre che della tradizione e dei valori ecologici non teme confronti con nessuna.
Ultimamente, oltre al lancio di prodotti trasformati (vanno citate le aziende Maroni di Ranzanico e Balduzzi di Clusone per limitarci alle bergamasche), vi è stato anche il lancio, (quest’anno alla Festa di sant’Alessandro) dei “rafioli”, detti appunto di sant’Alessandro in quanto ne è attestata la preparazione in quella parrocchia di Bergamo alta nel 1187 (l’antica chiesa di Sant’Alessandro, si trovava nei pressi dell’attuale Porta e venne distrutta nel 1561). Ai tempi, il ripieno non poteva che essere ovino perché era l’epoca del boom dell’economia pastorale (trainato dal lanificio). E, infatti, così attestano le carte. Il “rafiolo” ha incontrato successo anche nelle diverse tappe della Transumanza dei Bergamini, il percorso a piedi con la mandria di vacche da latte da Bergamo a Lodi vecchio di poche settimane fa. La Transumanza dei bergamini, in questo 2012, ha proposto anche sguazzet, bergna, e cotechino di ovino bergamasco. Molto ben accolti da un pubblico, spesso stupito della bontà di una carne ovina che spesso è ancora percepita come “selvatica” e “forte”. Ma è solo l’inizio perché, nel 2022, in aprile, verrà organizzato un evento gastronomico a Spirano (era già in programma quest’anno ma è saltato per Covid), un evento che vuole rappresentare il vero e proprio decollo della carne ovina bergamasca.
La Tavola rotonda del 30 ottobre rappresenta un momento di preparazione, di confronto sulle prospettive di disciplinari, marchi di qualità, certificazione delle carni ovine di gigante bergamasca e dei prodotti da essa derivati. veri assi nella manica, ovviamente senza mai scordare i formaggi (oggi anche ovini, con un interessante ritorno al passato), dell’agroalimentare orobico.