Origine della parola “malghese” di Giovanni Agnelli (1886)

Giovanni Agnelli (San Martino in strada 1848- Lodi 1926) fu il primo a gettare luce sull’origine dei bergamini, individuando i loro precursori nei “malghesi” (proprietari di greggi di pecore da latte) che, in epoca feudale, svernavano con i loro greggi nell’episcopato di Lodi versando le tasse di herbaticum (pascolo) e di malga (diritto di passaggio). I documenti citati dall’Agnelli, risalenti al XII-XV secolo, mostrano come alla presenza di malghe  di sole pecore da latte vada subentrando verso la fine del periodo anche quella di vacche da latte. I numeri citati nel testo indicano come i “malghesi” conducessero greggi che superavano anche il migliaio di capi. Ne derivavano volumi importanti (svariati quintali) di latte che davano luogo alla produzione di grosse formagge (viene citata formagiam unam quale componente del pagamento dell’herbaticum). Era il “parmigiano” (“piacentino”) che gli autori del XV – XVI secolo associeranno alle rive del Po, ricche di buoni pascoli e ai “malghesi”. Gradualmente il “parmigiano / piacentino” da fomaggio di latte ovino (con un po’ di latte di capra e di vacca divenne un formaggio vaccino. Le origini “pecorecce” vennero ingiustamente dimenticate da una cultura intrisa di pregiudizio anti-pastorale. Ma solo le miniature del XIV secolo e le raffigurazioni pittoriche del XV-XVI secolo che testimoniano di questa evoluzione che Agostino Gallo, nel XVI secolo, documenta per il bagoss e che nel XVIII secolo è documentata anche per l’asiago. Tutti formaggi che hanno voltato le spalle alle pecore da cui sono nati.

Agnelli mise in evidenza l’origine bergamasca dei “malghesi” anche se la ricerca recente (Luisa Chiappa Mauri, Enrico Roveda) ha messo in evidenza come, nel lodigiano e nel pavese tra XII e XV secolo oltre ai malghesi prevenienti dalle valli bergamasche ve ne erano anche provenienti dalla Valcamonica e da altre fonti sappiamo che una precoce transumanza di malghesi era caratteristica anche della Valsassina.

Del diritto di pascolo nel nostro territorio

Nel Medioevo

Origine e Storia della Parola MALGHESE

Prof. M. Giovanni Agnelli rettore dei sordo-muti

da: Archivio storico per la città e comuni del circondario di Lodi.  dispensa 3-4  ( 1886)  pp.  54-64

Molte voci del nostro dialetto traggono origine degli antichi abitatori di queste contrade, e subirono in seguito quelle diverse inflessioni che ci attestano la lunga trafila delle dominazioni che man mano venne succedendo sino ai nostri giorni. il nome dei paesi, degli animali, dei vegetali e dei loro prodotti che suonano sulle labbra dei nostri contadini, specialmente abitanti lontani dai centri principali, hanno tale una fisionomia che ci fa scorrere con la mente a ricercarne le origini in età molto remote, quando le nostre terre erano ancora ben lungi dall’assumere l’aspetto attuale.

Ai celti che padroneggiano per lunghi anni queste nostre contrade prima che il colosso Romano venisse a soppiantare lì, noi dobbiamo buon numero di voci del nostro dialetto.

Non è raro di vedere alcune di queste voci, ridotte alla forma italiana, e senza avere l’onore della registrazione sui dizionari della nostra lingua, adoperate in piena regola nelle scritture private e pubbliche , da bravi notai, più intenti ad essere chiaramente compresi, che ha sofisticare sulla più o meno legittima nazionalità delle parole che adoperano.

Avviene molte volte di udire sulla bocca di persone anche istruite, e di trovare negli istromenti anche odierni la parola malghese applicata a quella persona che in buon italiano si chiamerebbe mandriano, proprietario e conduttore di mandre di vacche.

La radice di questa parola tradisce l’origine celtica mille miglia lontano, e noi la troviamo registrata nelle antiche carte  del vescovado laudense sotto molti aspetti, tutti tendenti ad applicarle il significato di mandriano.

Nell’opera del Dufresne (i) sulle parole dell’infima latinità non ci venne fatto di rinvenire questa voce e nemmeno una radicale che vi potesse alludere: onde è giocoforza dedurre che questa parola sia limitata puramente al territorio nostro, già abitato da quella forte razza di Galli, designata col nome di Boi.

Il diritto di porre malghe o madre aspettava solamente al signore, e i Vescovi di Lodi, che avevano la signoria sopra gran parte del territorio laudense, sono i potevano mettere queste mandre a pascolare sulle terre di loro giurisdizione, e quindi venivano processati coloro che, senza il permesso, o, come diceva sì allora, parabola del vescovo, avessero osato tenere malghe. Anzi questo diritto era tanto inveterato nel solo feudatario, che ad un suddito bastava provare di avere tenuto mandre impunemente per un dato tempo, per esimersi dal prestare il dovuto omaggio al padrone.

I capitanei  di Merlino, avevano il feudo molte terre del Vescovo. In una deposizione di testimoni in causa di diritti della Corte del territorio di Codogno, agitata tra Alberico II vescovo di Lodi, e i seniori di Codogno, il 29 luglio 1180 si ricorda in diversi punti il diritto di tenervi mandre …

Et preter de offensione fratrum Bonani quod nichil scit per auditum. Et de malga idem … Et preter quod non vidit malgam per Arderico de Merlino … De malga posita ab Arderico de Merlino dixit quod eo tempore quando Ardericus tenebat loco de Cetonio per Episcopum, egomet tenui ipsam in domo mea per consensu ipsisus Arderici  [E a parte l’oltraggio del fratello di Bonanus del quale non venne a sapere di nulla. E lo stesso circa la malga. E a parte che non vide la malga di Arderico da Merlino. Quanto alla malga introdotta da Arderico da Merlino disse: al tempo in cui Arderico gestiva il possedimento di Cetonio per conto del Vescovo, io stesso ne tenevo una sulla mia proprietà con il consenso del Vescovo stesso] …. Tutte testimonianze in favore del Vescovo.

Anche gli Overnaghi, famiglia potente dall’ora, teneva  feudi dal vescovo, ma non aveva diritto di porre le mandre. In altra deposizione  di testimoni intorno ai diritti sulla villa e sul territorio di Cavenago contestati da Ribaldo Celso allo stesso Vescovo Alberico, leggiamo:

Interrogato Zanne Paipo “si vidi illos de Overgnana mittere malgas ad Cavenagum causa pasculandi, dixit sic. … [se vedetti quelli di Overgnana introdurre malghe a Cavernago per esercitarvi il pascolo, rispose così… ] Marchesio di Fossoldo disse che Ribaldo Encelso  fuit fodratus per episcopum Lanfrancum, et dixit quod ipse per episcopum multociens missit malgas in loco de Cavenago et habet totum erbaticum ita quod nulus petit partem in eo erbatico. [fu investito del diritto di fodro (ii) dal vescovo Lanfranco, e disse che egli stesso stabilì molte volte malghe nella possessione di Cavenago per conto del Vescovo e ha tutto il diritto di pascolo così che nessuno ne rivendica una quota].

Pietro Zucchello (iii) dixit quod pater suus fuit gastaldus episcopi in loco de Cavenago per multos annos et ipse pater ejus mitebat malgas in loco de Cavenago per episcopum, et per episcopum habebat totum herbaticum ita quod nullus dividebat erbaticum cum eo … et non vidit illos de Overgnaga mittere malgas ad Cavenagum [disse che suo padre era l’amministratore del vescovo per la possessione di Cavenago e che per conto del vescovo disponeva completamente del diritto di erbatico tanto che nessuno lo condivideva con lui … e non vide introdurre malghe da parte di quelli di Overgnaga a Cavernago] Bregondio giurato dixit quod scit quod totum erbaticum de malgis que veniunt pasculare ad Cavenagum est episcopi …. Interrogatus si vidit illos de Overgnaga mittere malgas ad Cavenagum ad pasculandum, respondit non [disse di non sapere che tutto l’erbatico delle malghe che vengono a pascolare a Cavenago fosse del vescovo… Interrogato se avesse visto quelli di Overgnaga introdurre malghe a Cavenago a pascolare rispose negativamente] (30 Luglio 1180).” 

Bisogna che il giudice Gerardo di Bagnolo non avesse avuto l’abilità di mettere d’accordo le parti, ed avesse sentenziato non in tutto conforme a giustizia, Giacché il vescovo si appellò ad altri, ed il 29 dicembre dello stesso anno Gerardo Pisto, Giudice e Console di Milano, decise la questione dei diritti vescovili in favore del prelato stesso:  Ecco la decisione del nuovo Giudice: Item pronuntio ipsius Girardi sententiam super districto et fodro et albergaria et guadia et de qualitate castellantie fatiende, et de malga peccorum in ipse loco tenenda iniuste indicasse, et appellationem episcopi iustam fuisse; et ideo condempno ipsum Ribaldum …. ut fodrum et albergariam sicut alii vicini prestant prestet et ne malgam peccorum vel ovium in ipso loco teneat pronuntio. Sed tamen pronuntio ut liceas ipsi Ribaldo habere et tenere peccora vel ovium pro colendis terris suis sine fraude pro modo tamen et quantitate terrarum suarum. [Sentenziò anche che il medesimo Gerardo si è pronunciato in modo sbagliato circa  i diritti di distretto (iiii), di fodro , albergaria, guado (v), le caratteristiche delle fortificazioni da realizzare, la malga delle pecore da mantenere nel luogo medesimo  e che il ricorso del vescovo era fondato. E così condanno il medesimo Ribaldo …. Tuttavia sentenzio che sia lecito al medesimo Ribaldo possedere e mantenere pecore ovvero ovini ai fini della coltivazione dei terreni senza frode e  limitatamente  all’estensione della sua terra].

Il 10 marzo 1192 il vescovo Alberico II concesse al Comune di Basiasco il diritto di pascolo nella corte di Sommariva, ora Cascina delle Donne, col patto quod ipsi de Baxeiasco non debeant facere damnum in ronchis neque in pratis quousque prospicetur, et ita quod non debeant uti neque pasculari in ipsa curte quousque malche erunt in ipsa curte cum bestis minutis nisi in palude, sine parabola domini episcopi vel ejus missi. [che i medesimi di Basiasco non debbano causare danni ai ronchi (vi) e nei prati e confinanti e così non debbano utilizzate e pascolare in codesta corte (vii) e non possa mantenersi in codesta corte alcuna malga di bestiame minuto, eccettuata la palude, se non con il permesso del vescovo o di un suo delegato].   

Tra i patti coi quali lo stesso vescovo concesso in affitto per 29 anni ad Anselmo Ferrario di Milano una terra detta Spinosa nella corte di Galgagnano, leggesi: Et convenit item inter eos quod si dominus episcopus habuerit malgam in curte Galgagnani quod in ea pasculare possit nisi in labore blave aut leguminum aut pratis post quam erit posita in guarda. [E si convenne tra loro che se il signore vescovo stabilirà la malga nella corte di Galgagnano che essa possa pascolare ma che essa sia sottoposta a custodia durante il periodo della coltivazione dei cereali, dei legumi e del prati] – (23 Gennaio 1195).

Tacuuinum sanitatis. Malghesi lombardi del XV secolo. La “malga” era composta da pecore per lo più ma anche da capre e vacche. Capre e pecore sono di tipo spiccatamente alpino.

Il 16 dicembre 1207 lo stesso vescovo concesse a Beltramo Garbano Marchisio suo nipote, e ad Acceglio, milanese, i poderi di Galgagnano per 8 anni per il pagamento di libre 37 imperiali e 18 capponi, è la metà de agnulis et de caseo qui habebunt de malgis estranei [degli agnelli e del cacio che ricavavano dalle malghe forestiere].

Varie altre testimonianze spendono una luce discreta su ciò che costituiva essenzialmente il diritto del feudatario sopra le terre adesso appartenenti punto da una carta del 23 novembre 1220 riguardante i diritti del Vescovo Otobello Soffientino sulle corti di Cavenago, di Sommariva e San Martino in strada, sappiamo che il vescovo vi poneva potestatem consules camparios porcario, ferrario et malgam [giudice, consoli, campari, guardiano dei maiali, fabbro ferraio e la malga].

Le malghe sino al XIV secolo erano composte in prevalenza da pecore da latte. Qui non hanno le corna e le orecchie sono in giù: sono pecore bergamasche

In un’altra prova testimoniale del 17 giugno 1236 in favore dello stesso vescovo, si legge honorem et pasqua totius curtis de Galgagnano, et pascua in quibus episcopus solet ponere malgas de montagna esse episcopatus  [ il privilegio e i pascoli di tutta la corte di Galgagnano e i pascoli dove il vescovo è solito stanziare delle malghe provenienti dalle montagne sono episcopali]Un Vano Forzano attesta quod honor curtis est ponere camparios et mittere malgas et habere herbaticum [che la prerogativa della corte consiste nel nominare i campari, introdurre malghe e riscuotere l’erbatico]– Lorenzo Vignati disse: quod honor curtis est habere ripaticum et herbaticum et piscaticum et malgas. [che la prerogativa della corte consiste nel riscuotere il ripatico (viii), l’erbatico,  il pescatico (ix) e le malghe]. 

Fin da quei tempi le mandre e più numerose venivano dalle montagne bergamasche, ed i vescovi di Lodi affittavano i pascoli a quei mandriani vantaggi, padroni di gran quantità di pecore, capre vacche. Una famiglia di ricchi mandriani  proveniente da Gorno, in val Seriana, paese per lunghi anni in affitto i pascoli del vescovo di Lodi:  alcune carte dell’archivio vescovile accennano a questi negozi. il 13 dicembre 1233 il Vescovo Ottobello Soffientino eresse una carta investientis usque ad XV diem madii [che concede sino al XV giorno del mese di maggio a]  Maiso figlio di Alberto Riboldo, e Albertino figlio di Mozone de Gorni de Bergamasca de herbatico [di Gorno in Bergamasca ad erbatico] nella corte di Cavenago, ducentem XVIII trentenaria ovium domino preabente casaticum  [che conduce 540 ovini presso un ricetto del signore già sussistente]  nel quale stanno le pecore e i loro malgariis [pastori], per il pagamento di Lire VII imperiali aut XVIII lactes e XVIII agnos pro erbatico, et XII lactes pro casatico [o il latte di diciotto giorni e diciotto agnelli a titolo di erbatico e dodici giorni di latte a titolo di casatico (x)] provvedendo il Vescovo de pungatis (1) et mascherpis [mascherpe, ricotte grasse].

Produzione della mascherpa. A differenza del formaggio utilizzato per pagare l’herbaticum ma, soprattutto, per la vendita, la mascherpa viene utilizzata per l’alimentazione dei pastori. Notare il potente mastino dalle piccole orecchie: un efficace cane anti-lupo.

Questo Maiso  de Gorno  l’anno dopo, 18 Gennajo 1236, teneva i pascoli di Castione e Senedogo; aveva XL trentenaria pecorum et caprum [1200 tra pecore e capre], e pagava XX libre imperiali e formagiam unam.

Questi mandriani Bergamaschi prendevano in affitto non solo i pascoli del vescovo, ma anche quelli di altri feudatari giacché troviamo una carta del 14 dicembre 1304 con la quale Guilenzio di Sommariva  e Consorti affittano l’erbatico del territorio di Orio a Ruggero e Perino di Gorno  margariis episcopatus pergami [malghesi della diocesi di Bergamo] fino al 8 giugno prossimo futuro, per soldi XI imperiali per trentenario  et pro quolibet vacha denarios sex. [per ogni trenta pecore e sei denari per ciascuna vacca].-

La provenienza dei più ricchi mandriani dal Contado di Bergamo spiega la causa per cui a questa gente che attende al governo delle mandre, anche nostrali, viene al giorno d’oggi distinta con nome di bergamini .

Con questo vocabolo adunque vengono distinte, nel nostro territorio, tutte le persone che attendono al governo delle macchine, ed i proprietari di manzo e provenienti dalle montagne di Bergamo: questi ultimi però si designano anche con nome speciale di malghesi.  invece proprietari di mandre che dimorano nei nostri paesi non si chiamano né malghesi, né bergamini, ed anche i mandriani forestieri che si stabiliscono nella nostra pianura comperando o prendendo ad affitto le possessioni, perdano di mano in mano l’appellativo di malghese assumendo il comune di fittabile o proprietari.

Con questo ci pare spiegato in modo abbastanza chiaro l’origine la storia della parola malghese, tanto adoperata nel nostro vernacolo (2).

Note originali

  1. Pungata, specie di latte rappreso.
  2. V. Monumenta Laudensis Episcopatus. Ms presso Mons. Vescovo – e Codice Diplomatico Laudense del Comm. Cesare Vignati

Note

(i) Carolo Dufresne, Glossarium ad scriptores mediæ et infimæ Latinitatis,  Venetiis apud Sebastianum Coleti, 6 v. 1736-1740

(ii)  Il fodro è il diritto a vedersi fornire gratuitamente dal feudatario il foraggio per i cavalli e il vitto per sé e il seguito

(iii)  Zucchelli è cognome di Ardesio in alta val Seriana. Gli Zucchelli sono stati per secoli bergamini (malghesi dal XII secolo come testimonia il documento). Questo Zucchello da malghese era diventato gastaldo del vescovo a riprova delle capacità e dell’intraprendenza dei malghesi (che, peraltro, a quel tempo provenivano da uno strato sociale elevato di piccola nobiltà e comunque di uomini liberi con diritto di portare armi)

(iiii)  il diritto di distretto equivale al disporre degli strumenti del potere coercitivo

(v) oltre al già visto diritto di fodro vengono citate l’albergaria (obbligo di ospitare il signore e il seguito) e il diritto di esazione di pedaggi in corrispondenza dei guadi per il passaggio dei fiumi

(vi) i ronchi sono i terreni oggetto di disboscamento

(vii) la corte è l’unità economica (dotata di magazzini, frantoi ecc.) al centro delle grandi possessioni. Ad essa fanno capo le singole unità agricole (i mansi) gestiti da singole famiglie. Alla corte fanno capo anche le superfici silvopastorali e le valli di pesca attraverso l’esazione dei vari diritti.

(viii) diritto di esigere un pedaggio per lo sbarco e scarico di merci agli approdi lungo i fiumi.

(ix) diritti di pesca

(x) diritto sull’uso di fabbricati (quelli utilizzati dai malghesi erano capanne con coperture di paglia e recinti di legno per la custodia de greggi)