Il sapore della storia, un sapore lombardo
Gli stracchini, nella loro grande varietà, rappresentano l’espressione tipica dell’arte casearia lombarda, un arte legata ai bergamini, gli allevatori – casari “ nomadi ” che tra le fine del Trecento e quella del Novecento hanno fatto la spola tra gli alpeggi orobici e la bassa pianura lombarda producendo in estate formaggio (cotto e semicotto) e, in inverno, stracchini. Nei secoli gli stracchini hanno conosciuto alterne fortune. Considerati formaggi “ comuni ”, accessibili al consumo popolare (tranne – come vedremo – alcune “ varianti ” pregiate), gli stracchini sono stati protagonisti, negli ultimi decenni dell’Ottocento, del boom della produzione e del consumo di formaggi molli ma anche della trasformazione in “ formaggi di lusso ” grazie alle innovazioni (anche di marketing e di packaging) di Egidio Galbani.
Negli ultimi anni, grazie a un nuovo boom dei formaggi molli (ma legati a un gusto non banale e a una patina di tradizione) lo stracchino sta conoscendo una riscoperta. Una costante del costume alimentare che accompagna la storia lombarda e che è bene esemplificato dalla presenza nel più importante romanzo mai scritto da un lombardo: I promessi sposi . Renzo in fuga verso l’Adda entra in un’osteria: “ Chiese un boccone; gli fu offerto un po ’ di stracchino e del vino buono …”. Il De Lalande, un’astronomo e viaggiatore francese nel suo Voyage en Italie (pubblicato a Ginevra nel 1790) scrive a proposito dei “ caci ” lombardi “ Le plus usité [il cacio] est celui de vache il se divise en deux espèces formaggio & stracchino ” [il più consumato è quello di vacca che si divide in due generi: formaggio e stracchino]. Fino alla fine dell’Ottocento gli stracchini in Lombardia erano considerati una categoria di latticini a sé. Un pianeta caseario a sé.
Caci della transumanza
Gli stracchini si possono produrre anche quan- do si dispone di poco latte (come accadeva un tempo in inverno), ma anche dove non sono disponibili quelle “ comodità ” necessarie per produrre il formaggio che richiede l’uso del fuoco. Lo stracchino si può produrre con il latte caldo appena munto perché è di norma realizzato con latte intero, ovvero senza attendere che esso sosti per separare la panna. Gli stracchini potevano essere prodotti anche durante le transumanze a piedi del passato. La cagliata veniva posta nelle cassetére (cassette di legno con tanti scomparti di forma quadrata, ottenuti dalla collocazione di assicelle intersecate tra loro). Qui, deponendo paglia di segale sul fondo per lasciar spurgare il siero, veniva posta in ciascuno scomparto la quanti- tà di cagliata necessaria alla produzione di uno stracchino. La cassetéra veniva collocata sotto il pianale del carretto… e si partiva.
La forma quadrata si prestava, però, anche a trasportare gli stracchini dagli alpeggi alle casere di maturazione. La tipica forma quadrata è rimasta quella degli stracchini attuali: i vari stracchini tradizionali, il Taleggio dop , il Quartirolo , il Salva cremasco, le “ robiole ”. Tutti quadrati ma di diversa dimensione. Perché? Lo stracchino Salva (oggi Salva Cremasco Dop) veniva prodotto dai bergamini quando vi era abbondanza di latte, in primavera nel mesi di aprile e maggio, o anche in alpeggio: ha le dimensioni di due taleggi sovrapposti e si conserva più a lungo, il peso medio per forma varia da tre a cinque chilogrammi (il doppio di uno stracchino “ normale ”). Nel formaggio la forma è sostanza e il Salva cremasco si differenzia nettamente per caratteristiche sensoriali dagli altri stracchini, così come le “ robiole ” che non sono altro che stracchini “ quadri ” divisi in quattro e quindi suscettibili di una maturazione più rapida e intensa. Tra gli stracchini “ quadri ” ve n’è uno che per la sua consistenza molle (la cagliata si rompe a pezzi molto grossi per trattenere l’acqua) pare non avere una forma “ quadrata ”: è la crescenza, oggi sempre in voga in quanto spalmabile, in passato pregiata non solo perché era molto deperibile (e poteva essere prodotta solo nella stagione fredda) ma anche perché veniva prodotta aggiungendo crema di latte (veniva anche chiamata stracchino “ a doppia crema. ”).
E i “ tondi ”?
Se le sole differenze di dimensione rendono così diversi gli stracchini “ quadri ” non ci si deve meravigliare se caci come il Gorgonzola Dop e lo Strachitunt Dop così diversi apparen- temente dagli stracchini quadrati siano anch’essi riconducibili alla “ famiglia ”. Dove nasce la differenza? Per produrre i “ tondi ” (chiamati ancora agli inizi del Novecento “stracchino ad uso di Gorgonzola ”) si conservava, lasciandola sgrondare in teli, la cagliata della sera precedente (poteva avvenire anche durante la transumanza appendendo i teli al carretto). La mattina successiva essa si era già in parte consolidatasi e veniva unita alla cagliata del mattino ancora calda. L’ imperfetto amalgama tra le due paste (di diversa consistenza) lasciava nella massa delle discontinuità che consentivano all’ aria di penetrare nella massa e quindi la crescita delle muffe di Penicillium ( presenti naturalmente egli ambienti di stagionatura). Esse erano in grado di produrre l’erborinatura (da erburìn – piccolo prezzemolo – termine della lingua lombarda per indicare le muffe verdi).
Lo Strachitunt (Dop dal 2014) si fa ancora così secondo procedure artigianali. L’attuale Gorgonzola Dop, invece, nel contesto ella moderna industria casearia è prodotto con latte pastorizzato cui vengono aggiunte spore di Penicillium . Lo stracchino tondo è sempre stato un prodotto pregiato. Un viaggiatore dell’Ottocento, il Valéry, nel suo Voyages historiques, littéraires et artistiques en Italie ( Bruxelles, 1843) scrive: Sur la route de Milan à Bergame […] est Gorgonzola qu à rendu célèbre dans les fastes du moyen âge la victoire de Frédéric Barberousse […] mais plus fameux encore par son fromage européen”[Sul tragitto tra Milano e Bergamo si trova Gorgonzola, famosa per la vittoria sul Barbarossa, ma ancor più per il suo famoso formaggio europeo ”]. Oggi il Gorgonzola è legato a Novara ma per decenni, a partire dal 1880, la sua produzione (e, soprattutto, la sua stagionatura) sono state legate alla Valsassina, alla val Taleggio, a Lecco. Numerose casere, raffreddate da correnti d’aria naturali, conservavano il prodotto proveniente dalle zone di pianura (Novarese, Pavese, Milanese) dove svernavano i bergamini che continuavano ad esserne i principali produttori. Dagli anni Trenta del Novecento la realizzazione di grandiosi depositi di stagionatura presso la stazione ferroviaria di Novara spostarono lì il baricentro della filiera.
Quante varietà!
Il Cherubini (vocabolario milanese – italiano 1843) elencava una decina di varianti “Strachin grass , magher , magengh , erburinaa , en de l’oli , de quartiroeu , de Gorgozoeula , nustran , carsensa ”. Una denominazione che è scomparsa è quella di “Stracchino di Milano ” (che per alcuni indicava una crescenza, per altri uno stracchino quadro del tipo poi codificato come “Taleggio” o “ Quartirolo”). Anch e la distinzione tra “Taleggi ” e “Quartiroli” dipendeva molto dall’area geografica. Oggi il Quartirolo lombardo Dop si differenzia perché nella versione “ fresca ” viene messo in commercio con una brevissima maturazione e senza trattamenti della crosta. Il Taleggio, invece, ha una stagionatura minima di 35 giorni e la crosta, trattata con acqua e sale, presenta la caratteristica colorazione legata a patina batterica (crosta edibile). Il Quartirolo lombardo Dop stagionato si avvicina al Taleggio Dop per alcune caratteristiche ma presenta al cuore della pasta una più frequente e accentuata “ gessatura ” stagionato sono comuni ad alcuni stracchini tradizionali che negli ultimi anni hanno conosciuto un interessante revival.