Il Festival del pastoralismo in collaborazione con: ass. gente di montagna e Oratorio della parrocchia di Sant’Alessandro martire in cattedrale
presenta il film
Storie di uomini e di lupi
Venerdì 11 novembre h 20:30
Sala del Seminarino di Città Alta, in via Tassis 12
(saranno presenti in sala alcuni dei pastori intervistati che parteciperanno al dibattito)
Regia: Alessandro Abba Legnazzi, Andrea Deaglio
Anno di produzione: 2015
Durata: 90′
Tipologia: documentario
Genere: ambiente/etnologico/sociale
Paese: Italia/Francia
LUPI E PASTORI: QUALE LA RAZZA IN VIA DI ESTINZIONE?
Girato sulle Alpi Occidentali in Piemonte e in Francia il film raccoglie senza prendere posizione le testimonianze dei due “partiti” contrapposti: quello degli studiosi del lupo che ne auspicano l’ulteriore espansione e incremento numerico e quello degli allevatori e pastori. In Piemonte non sono oggetto di predazione solo gli ovicaprini ma anche i bovini e gli allevatori, che con l’alpeggio riuscivano ad alleggerire i costi elevati (a fronte dei bassi prezzi della carne) hanno dovuto modificare profondamente le loro modalità gestionali. Niente più parti in montagna. Ma anche così le predazioni non sono evitate. Gli allevatori ovicaprini si sono dotati tutti di recinzioni elettriche e in larga misura di cani da difesa. Ma le predazioni continuano perché il lupo è un animale molto intelligente e capisce punti deboli delle difese e momenti più propizi. Dall’altra parte della barricata si esalta il “ritorno agli equilibri naturali” quasi ignorando i problemi sociali implicati e ignorando che allevatori e pastori hanno assicurato una cura del territorio che risulta importante anche per le aree densamente antropizzate e industrializzate a valle.
Emerge da parte degli allevatori e dei pastori l’amarezza per una ripartizione molto disuguale di oneri e vantaggi di questa operazione. In pianura e nelle città si plaude al lupo ma non si rinuncia a nessun vantaggio della modernità, del consumismo, dell’industrializzazione agraria. La natura deve “tornare” solo dove i soggetti sociali sono troppo deboli per contrastare una rinaturalizzazione decisa nelle città forse per un’operazione di falsa coscienza di cosmesi, per fingere di “rimediare” ai danni inferti agli ecosistemi. Ma i pastori e i margari non usano pesticidi, non emettono CO2, utilizzano risorse rinnovabili. Eppure a pagare per l’operazione di ritorno del lupo sono loro. E questo provoca un risentimento fortissimo.
Su queste problematiche che riguardano aspetti economici, sociali, ambientali si innesca la forte valenza simbolica ed emotiva del lupo che è sempre stato oggetto di odio e di ammirazione (sino all’identificazione) da parte dell’uomo. Un tema che divide nel profondo e che fa emergere le contraddizioni del nostro tempo fatto di paradossi, ipocrisie, ambiguità più che le epoche passate.
Difficile per un film trattare questa materia. La scelta di lasciar parlare i protagonisti era obbligata così come quella di non tentare conclusioni. Non ci può essere un finale lieto o tragico ad una storia del genere. Si tratta di un conflitto aperto (e lo sarà per molto). Rispetto a tanta documentaristica di ambientalismo caramelloso quest’opera consente, a chi è disposto a lasciare a casa i propri pregiudizi, di iniziare a orientarsi in un tema dai molti risvolti che impone di andare oltre l’apparenza.